“Noi veri Civici dal 2005, con gli stessi valori”

“Noi veri Civici dal 2005, con gli stessi valori”

Rovereto deve ripartire dalla Bellezza

I “Civici con Francesco Valduga” – la forza politica più consistente nella maggioranza del Sindaco Valduga nella consiliatura uscente – rappresentano la continuità con il movimento civico presente sulla scena politica roveretana dal 2005.
Mettiamo in primo piano la valorizzazione del pensiero e delle competenze dei singoli componenti, in opposizione ai rigidi schemi di una “certa politica”, con la capacità di adeguarci e rigenerarci nel tempo, e coniugando contemporaneamente la continuità dell’azione politica e la stabilità dei valori civici. Gli stessi valori che hanno fatto grande il Trentino: il popolarismo, l’autonomia, la laicità.

Per questi motivi abbiamo iniziato un percorso di confronto con altre forze politiche alla ricerca di un metodo nuovo di fare politica, arrivando ad abbracciare convintamente l’idea della coalizione che oggi si presenta a sostegno di Valduga.
In Lista proponiamo candidati giovani, entusiasti e pronti ad intraprendere un’esperienza politica fatta di atti concreti e valori che si antepongono al populismo ed al sovranismo.
Altro segno di apertura da parte dei “Civici con Valduga” è stato il dialogo con Azione e Italia Viva, partiti il cui manifesto politico non si discosta molto da quello del nostro movimento, con l’inserimento in Lista di donne e uomini da loro proposti, che hanno dato ulteriore slancio ad un gruppo unito a sostegno del Sindaco Francesco Valduga e al suo programma amministrativo, che sottoscriviamo in toto, all’interno del quale cercheremo di sviluppare punti caratterizzanti della nostra Lista:

  1. Rovereto riparte dalla Bellezza: da una “Città Europea” aperta al dialogo internazionale e sempre più attrattiva, inclusiva, innovativa, sicura ed eco-sostenibile.
  2. Rovereto città della cultura urbana, del turismo territoriale, dell’impresa green e della filiera corta per un innovativo commercio locale;
  3. Rovereto città con vocazione storica legata alla formazione e all’impresa. Da scuole primarie e secondarie fino ad Università e ricerca applicata: una città creativa attenta a costruire il futuro;
  4. Rovereto “che ascolta”: attenta ai nuovi talenti, all’universo femminile, all’età argento ed alle fasce più deboli della società attraverso solidarietà, integrazione, semplificazione e sostegno all’associazionismo;
  5. Rovereto città sempre più facile ed accessibile, con una qualità urbana fatta di spazi condivisi per la mobilità e luoghi da riscoprire per nuove forme di socialità e aggregazione.
Dal quotidiano “L’Adige”, 2 settembre 2020
I 32 volti della lista “Civici con Francesco Valduga”, dal quotidiano “L’Adige” del 2 settembre 2020
Un “laboratorio” per cercare i nuovi luoghi della socialità

Un “laboratorio” per cercare i nuovi luoghi della socialità

Il gruppo di lavoro. L’emergenza virus ha cambiato l’approccio dei roveretani nei confronti della città e degli altri. Architetti, ingegneri, artisti suggeriscono la riscoperta di spazi spesso ignorati che diventino le nuove piazze post Covid

ROVERETO. La pandemia e il conseguente lockdown hanno cambiato, forse per sempre, anche il nostro modo di vivere e l’approccio sociale. Anche oggi, con l’emergenza più lontana, evitiamo baci e abbracci, giriamo al largo, se vediamo troppa gente non andiamo ad aggiungerci al numero. Reazioni forse inconsce che però dimostrano un riflesso forte sulla nostra società di quanto successo. Da qui prende forma il “laboratorio” che è stato lanciato poco più di un mese fa da Maurizio Tomazzoni, assessore alla cultura e all’urbanistica. Al bando aperto avevano risposto 21 soggetti tra gruppi e singoli, architetti, ingegneri e anche artisti. Il loro compito: ripensare gli spazi della socialità. «Così il Covid diventa un’opportunità – spiega l’assessore – perché ci spinge a immaginare quali siano le nuove esigenze di una comunità sicuramente cambiata dopo il lockdown. Il Comune lo ha dovuto fare perché oggi si trova di fronte alle necessità di ristudiare gli spazi. Quelli culturali, per esempio: non più spettacoli con assembramenti e con regole rigide e limitanti; fiere con distanze precise; punti di aggregazione che rispondano a determinati requisiti. Ci siamo imposti di andare oltre l’emergenze e di studiare, con dei professionisti, come venire incontro alle nuove necessità. La risposta c’è stata e anche entusiasmante perché sono uscite tantissime idee. Alcune le stiamo già mettendo in pratica. Ma quella di fondo è estremamente interessante. Nell’affrontare la tematica degli spettacoli che non sono più spendibili nelle nostre piazze, siamo andati in città alla ricerca di spazi più piccoli, ma non banali, quegli spazi che sono i piccoli-grandi tesori della città, magari poco conosciuti ma che ora si prestano esattamente al duplice scopo di soddisfare le esigenze degli eventi e dare nuovi punti aggreganti e identitari ai roveretani. Un primo esempio lo abbiamo avuto aprendo le piazze ai plateatici. È stato un po’ come ridare ai pedoni gli spazi che le auto avevano sottratto loro negli anni e così li hanno fatto propri riscoprendo un nuovo e diverso punto aggregativo. O pensiamo a via Rialto, considerata solo asse di passaggio per “tagliare” la città: buttando fuori due tavolini e chiudendola per qualche ora è diventata più viva e più vivibile, il pedone si sente giustamente in diritto di ritenerla sua, fermarsi a fare due chiacchiere, rendendo l’auto un’intrusa. Il virus ha in qualche modo accelerato questa esplorazione di nuovi luoghi o la riscoperta di quelli poco considerati, come il Bosco della città che in estate ha visto un vero e proprio boom di presenze, di gente che ha scoperto che in un quarto d’ora a piedi siamo nel giardino della città per eccellenza. E poi anche il Leno, visto sempre come un segno di divisione della città ed è invece è una grande opportunità. Il “Laboratorio” suggerisce questi spazi e con alcuni piccoli accorgimenti si possono rendere utilmente fruibili. Il gruppo di idee è trasversale: è stato affiancato ai festival e all’organizzazione di manifestazioni, ma anche all’assessorato all’istruzione: anche le scuole hanno spazi da pensare; e al mondo delle associazioni che devono, anche loro, ridisegnare il loro approccio alle iniziative che organizzano».

Robert Tosin, quotidiano Trentino, 26 luglio 2020

Immagine ©tommaso-prugnola dal sito www.visitrovereto.it

«LA NOSTRA CULTURA HA BISOGNO DI CONTINUITÀ»

«LA NOSTRA CULTURA HA BISOGNO DI CONTINUITÀ»

L’intervento. Il direttore d’orchestra Zuccatti a sostegno di un “Valduga bis”

Rovereto. Tra i tanti temi di una campagna elettorale, a Rovereto non può mancare la cultura. E per Simone Zuccatti, direttore d’orchestra ed esponente dei “Civici”, la cultura ha bisogno di una scelta di continuità. «Rovereto è storicamente considerata “l’Atene del Trentino”, luogo d’incontro della cultura germanica ed italica. Per le vie della città ci si imbatte in edifici signorili meravigliosi, da Palazzo Alberti-Poja a Palazzo Grillo fino al gioiellino Palazzo Sichardt; si incontrano musei e testimonianze storiche di altissima rilevanza culturale, dal Museo della Guerra al Mart, passando per il Museo Civico, Casa Mozart, Casa Rosmini e Casa Depero, oltre a numerosissime istituzioni culturali. Senza ovviamente dimenticare Campana e Ossario.

Rovereto fu appunto la “casa”, la dimora natale o artistica dei già citati Rosmini e Depero così come dell’archeologo Paolo Orsi, della poetessa Bianca Saibanti e di suo figlio Clementino Vannetti, del filosofo Girolamo Tartarotti, della baronessa “illuminata” Eleonora Piomarta, dello scultore Fausto Melotti, dell’architetto Gino Pollini (padre del celebre pianista Maurizio), dei musicisti Renato Dionisi e Riccardo Zandonai e di molti altri uomini e donne di cultura. Personalità illustri e di statura non solamente locale, e delle cui eredità culturali Rovereto è totalmente permeata e per le quali la Città della Quercia ne fu culla del talento, piuttosto che meta di viaggio o luogo di vita, studio o ispirazione.

Negli ultimi anni ho potuto verificare da vicino lo straordinario impegno dell’amministrazione comunale in questo settore così variegato, che ha ricevuto una notevole spinta alla produzione e condivisione artistica tout court. Penso ai bellissimi progetti legati alla figura di Antonio Rosmini; all’affermazione di realtà musicali cittadine come le bande ed i cori; al sostegno e alla crescita di molte piccole realtà associative; all’aumento delle istituzioni universitarie, dalle nuove facoltà ai centri di ricerca come il GeCo; alla rinascita e al consolidamento del Teatro Zandonai, dalle fortunate stagioni di prosa fino ai festival di danza e l’opera lirica; ed infine penso ai progetti musicologici, musicali e discografici di riscoperta della musica di Riccardo Zandonai. Ma soprattutto penso al definitivo superamento del dualismo fra le due associazioni mozartiane della città; “conflitto” e sovrapposizione artistica che nessuno era riuscito a risolvere in 30 anni e che finalmente ha trovato una nuova dimensione nel Festival SetteNovecento, grazie alla pazienza e all’indubbia capacità di “visione” di questa amministrazione.

Tutto ciò mostra quanto Rovereto sia un luogo fertilissimo per la produzione culturale ed artistica in ogni settore – risultando evidentemente una città a forte vocazione turistica – ed è quanto mai necessario proseguire sulla strada intrapresa, per completare molti progetti e per favorire lo sviluppo di altri che sono in cantiere. Penso al progetto sui Lavini (dalla Ruina Dantesca alle orme dei dinosauri) e all’idea di riunire e collegare tutto il centro storico guardando al Leno come ad una risorsa in più e non semplicemente ad un elemento di separazione fisica delle zone della città. In questo senso, per citare un concetto emerso dal Coordinamento dei “Civici per Rovereto” del quale faccio parte, la vera “discontinuità” è la “continuità”. In un territorio storicamente abituato all’alternanza politica, mai come in questo momento la vera rivoluzione, l’unica reale innovazione può e deve essere rappresentata dalla concretezza, dalla serietà e dalla continuità dell’azione amministrativa e di politica culturale impostata in questi ultimi anni».

Il Trentino, 24 luglio 2020