Tomazzoni lascia dopo 20 anni: «Non si vive facendo l’assessore»

Tomazzoni lascia dopo 20 anni: «Non si vive facendo l’assessore»

L’addio eccellente alla politica attiva. In giunta con Guglielmo Valduga e ora con il figlio Francesco. “Io sono architetto e urbanista e gli incarichi pubblici mi vietano di lavorare. Un sacrificio che non posso permettermi in eterno”

ROVERETO. Vent’anni fa, al suo primo impegno in consiglio comunale, Maurizio Tomazzoni aveva 40 anni. Architetto, socialista come formazione, erede politicamente e culturalmente dei valori del padre Giancarlo. Negli ultimi vent’anni è stato ininterrottamente tra i protagonisti della vita amministrativa roveretana. Nel 2005 assessore con Guglielmo Valduga, consigliere sempre per i Civici dal 2010 al 2015, assessore dal 2015 ad oggi con Francesco Valduga, dopo essere stato rieletto consigliere con 199 preferenze. La sua è l’assenza che si nota di più, scorrendo le liste dei candidati alle prossime comunali.

L’addio dopo 20 anni Domanda scontata ma quasi obbligatoria: perché?«Perché 20 anni, appunto, sono tanti. Si sono succedute stagioni politiche diverse. Posso dire con orgoglio di avere lasciato qualcosa: sono soddisfatto di quello che ho fatto. Soprattutto pensando al piano urbanistico del 2009, che cambia la lettura del territorio introducendo i concetti di equità e di paesaggio, ma anche all’arrivo a Rovereto del Geco, il centro di documentazione cartografica. Un elemento essenziale per la lettura paesaggistica del territorio, perché la storia coi suoi segni è elemento chiave del paesaggio. Poi nell’ultima legislatura ho contribuito con altri ad un cambio di passo che ritengo decisivo per la cultura: l’esperimento di palazzo Sichardt, un nuovo approccio al museo.

La cultura per tutti Un esperimento che mette in dichiarato rapporto cultura, territorio e turismo, ma che cerca anche di dare una dimensione popolare alla cultura. La stessa che abbiamo voluto come chiave per la rilettura dei grandi personaggi di Rovereto: Rosmini, Zandonai, gli archeologi. Loro stessi avevano la convinzione che la cultura dovesse raggiungere tutti. È un percorso iniziato, tutt’altro che completato, ma importante».A maggior ragione, perché lasciare invece di portarlo avanti?«In un gruppo formato come quello dei Civici nulla è legato a una sola persona. C’è un gruppo di lavoro impostato che porterà avanti queste cose. Continuerò a farne parte, anche senza essere in consiglio. Così come chi mi seguirà andrà avanti su queste linee, che sono anche nel programma. Ma comunque, appunto, sono passati 20 anni. Credo sia giusto ci sia un ricambio nei ruoli amministrativi, e io la mia stagione l’ho vissuta».

«Ho bisogno di lavorare» «Continuerò a fare politica prosegue – ma ho voglia e anche bisogno di tornare anche alla mia vita professionale, che ho dovuto di fatto sospendere per fin troppo tempo».Troppo gravoso sommare i due impegni?«Non solo e forse nemmeno tanto: il problema vero è che per un libero professionista nel settore tecnico, fare politica attiva e amministrazione significa dover rinunciare a lavorare».

Il nodo dei tecnici «Da architetto (ma da geometra o ingegnere sarebbe lo stesso) non puoi lavorare – spiega – nel comune di cui sei amministratore, e la Provincia ha adottato la linea di escluderti anche da qualsiasi incarico pubblico sull’intero Trentino. Io mi occupo di urbanistica: ovvio che i miei riferimenti lavorativi possono essere quasi esclusivamente enti pubblici. In due mandati da assessore maturi una esperienza preziosa, ma non la puoi utilizzare. E mentre resti sospeso, impegnato in una esperienza straordinaria ma che consideri temporanea, finisci fuori dal mercato. Da assessore hai una indennità paragonabile a uno stipendio da metalmeccanico, ma nessun ammortizzatore sociale né contributi per la pensione. Insomma, avevo l’orgoglio di fare qualcosa per la mia comunità e potevo permettermelo, quindi l’ho fatto. Nessun rimpianto, anzi sono felice di averlo potuto fare. Ma ora devo pensare anche alla mia vita personale».

No alla politica per professione Una alternativa poteva essere puntare tutto sulla politica.«Infatti. La scelta era tra diventare un politico di professione, o tornare a fare l’architetto e il pianificatore. Ma i politici di professione mi fanno orrore, quindi le opzioni si riducevano a una soltanto».Quindi tornerà a fare il tecnico, pur non lasciando la politica. Anzi, è recentissima la sua adesione ad “Azione”. Come mai? «I Civici hanno sempre avuto tra le loro fila persone che si riconoscevano in partiti tradizionali: resto nei Civici ma aderisco ad Azione. Peraltro in passato non ho mai avuto altre tessere di partito, se non quella dei Laburisti. Comunque in questo momento Azione mi sembra tra i partiti di centrosinistra l’unico a non avere una impostazione populista: per questo la mia adesione. Continuerò a interessarmi di politica, assolutamente. Solo non sarò in Consiglio. Ma ripeto, con queste norme bisogna poterselo permettere. Un dipendente somma l’ indennità allo stipendio, un pensionato perde parte della pensione ma ragiona in modo diverso. Un tecnico libero professionista deve rinunciare a lavorare e rischia di restare tagliato fuori. Un problema non solo mio, ovviamente. Infatti rischia di escludere una intera categoria dalla vita politica attiva, almeno a livello locale».

Luca Marsilli, dal quotidiano Trentino, martedì 18 agosto 2020

Immagine Matteo Festi ©

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